PRIME SCELTE DI VITA
Anna Fraentzel nacque a Berlino il 27 maggio 1878 da una famiglia della buona borghesia; terza di quattro sorelle. Con un nonno materno professore ordinario di medicina e un padre medico condotto, crebbe col desiderio di seguire la tradizione familiare, impegnandosi in ambito sanitario e assistenziale “per poter essere d’aiuto agli uomini e soprattutto alle donne”.
Trascorreva la maggior parte del tempo leggendo i libri di medicina, ma desiderava dare un senso alla propria esistenza. Decise quindi di chiedere aiuto ad una zia materna, che si era stabilita già da alcuni anni in Italia e dove, aveva sentito dire, sarebbe stato più facile, per una donna, studiare medicina ed esercitare questa professione. La zia, consapevole che neanche in Italia, con la sua età e la sua formazione scolastica, sarebbe stato possibile seguire la carriera medica, le fece conoscere il prof. Angelo Celli che si trovava in quel periodo all’ospedale di medicina tropicale di Amburgo, dove vi si era recato a causa di un’epidemia di colera, che nell'estate del 1892 aveva causato ben 9000 morti tra gli abitanti della città.
Il prof. Celli, colpito dalla determinazione della giovane donna, si interessò al suo caso e si adoperò per trovarle una sistemazione.
L’ARRIVO A ROMA
Anna Fraentzel, si trasferì in Italia, dove cominciò a lavorare presso l’Ospedale Santo Spirito, come aiuto infermiera, con l’équipe di medici e ricercatori (fra cui suo marito) impegnati negli studi sulla malaria che, nel 1898, portarono alle scoperte sul vettore della malattia e sui meccanismi di trasmissione dell’infezione dalla zanzara all’uomo.
Accertate le cause dell’infezione malarica e del contagio, per Celli e per Anna, tra i quali si era consolidata una profonda intesa non solo professionale ma anche affettiva, ebbero inizio i giri di perlustrazione nella campagna romana, per controllare se i soggetti in osservazione rispettavano le misure a difesa delle zanzare, e per somministrare loro il chinino.
Per poter svolgere nel migliore dei modi la campagna antimalarica, Angelo Celli aveva organizzato due stazioni sanitarie sperimentali: per la prima, fu scelta la tenuta di Maccarese, per la seconda la scelta cadde a est della città, alla Cerveletta, “…una piccola tenuta di 264 ettari, ad otto chilometri da Roma, fra le Vie Collatina e Tiburtina, nel territorio di Cervara” che diresse lui stesso, chiamando al suo fianco nello stesso anno, come collaboratrice, la giovane fidanzata.
Nella primavera del 1899 Anna arrivò per la prima volta alla Cerveletta avendo chiara consapevolezza della gravissima situazione sia sociale che igienico-sanitaria della campagna romana. Convincere i coloni a seguire le prescrizioni mediche e ad osservare le misure contro le zanzare, non fu un’impresa semplice e, inizialmente, dovette affrontare non poche difficoltà, anche per superare la diffidenza della popolazione agricola. Ma “a poco a poco quella brava gente – ricorda – cominciò a considerare anche me, come il prof. Celli, una specie di provvidenza terrestre e venivano da me a raccontarmi tutti i loro grandi e piccoli guai, tutte le loro grandi e piccole preoccupazioni.”
In quel periodo Anna trascorse alcuni mesi di lavoro molto intenso: oltre ad essere impegnata alla Cervelletta, continuò, infatti, il lavoro in ospedale: interruppe l’attività solo per un breve periodo in occasione del suo matrimonio.
IMPEGNO INFERMIERISTICO E FEMMINISMO
In Italia, Anna, grazie anche al sostegno della zia Margherita Traube Mengarini, fervente femminista, stabilì contatti con l’Unione Femminile Nazionale, creata a Milano, nel 1899, da Ersilia Bronzini Majno. I suoi scopi principali erano: l’istruzione e l’elevazione economica e giuridica della donna; la difesa dell’infanzia, della maternità, del lavoro; la diffusione dell’istruzione; la preparazione, con insegnamenti teorico-pratici, di elementi femminili per le varie opere di Assistenza e di Previdenza; l’istituzione di Uffici di Indicazione, di Assistenza e di Collocamento; la costituzione di Sezioni in varie città d’Italia.
Anna Celli fu collaboratrice fissa del mensile dell’Unione, che venne pubblicato a Milano a partire dal 1900. In un suo articolo la Celli scriveva con rammarico che in Italia la donna (intendendo la donna borghese e colta) si dedicava poco all’assistenza ai malati. Se molte erano le ragazze che studiavano e moltissime quelle che diventavano maestre, “pochissime sono quelle che si occupano di una professione tanto vicina a quella della madre, di assistere, cioè, di curare gli infermi“
La Fraentzel Celli istituì a Roma presso il Policlinico, a partire dal 1901, una “Scuola per l’assistenza agli infermi” sotto l’alta direzione del Prof. Angelo Celli. Le allieve della sua prima scuola di preparazione infermieristica furono delle ragazze di ceto borghese ma successivamente
il corso fu allargato a tutte le categorie femminili.
Nel 1900 Anna entrò anche a far parte di un Comitato costituitosi per potenziare l’attività dell’Ambulatorio pediatrico “La Scarpetta”, attraverso la creazione di una Infermeria, provvista di letti e di assistenza medica e infermieristica fissa, per il ricovero dei bambini malati più gravi (anche al di sotto dei due anni), che non potevano essere curati ambulatorialmente.
L’ambulatorio entrò in funzione nel 1901, ad Anna Celli furono assegnati gli incarichi della Presidenza e dell’Amministrazione. Tre infermiere e una caposala provvedevano all’assistenza
diurna e notturna; talvolta, alle madri dei bambini non ancora divezzi, era consentito di restare accanto ai propri figli. Presso l’Infermeria si effettuavano operazioni chirurgiche e medicazioni, e si fornivano gratuitamente medicinali e latte ai soggetti maggiormente bisognosi.
ALFABETIZZAZIONE
Nel corso delle esperienze di lavoro tra le genti della campagna, la Celli si era sempre prodigata generosamente e con umana pietà sia per curare che per “aiutare e consolare”; inoltre, essendo rimasta molto colpita dal fatto che tanto gli adulti quanto i bambini fossero analfabeti, aveva deciso di adoperarsi per farli uscire dallo stato di ignoranza in cui si trovavano. Era infatti convinta, quanto il marito, che un minimo di istruzione avrebbe non solo giovato all’esistenza, ma avrebbe anche accelerato l’azione sanitaria che essi andavano svolgendo.
Anna, condividendo in pieno le idee del marito, aveva cercato di avviare un corso scolastico proprio alla Cervelletta, nella stessa azienda agricola in cui stava svolgendo l’azione sanitaria antimalarica, visto che gli affittuari si lamentavano di non potere provvedere all’istruzione dei propri figli per la mancanza di scuole nelle località di campagna. Aveva già trovato una coppia di maestri disposti a trasferirsi dalla città, quando fu ostacolata nel suo proposito proprio da uno degli affittuari che, adducendo vari pretesti, non volle cedere i locali necessari alla scuola, sostenendo tra l’altro di preferire che i dipendenti restassero analfabeti, Ebbe più fortuna con gli affittuari di una tenuta vicina e così fu possibile, con l’aiuto del Comune, istituire una scuola rurale alla Rustica
Ma il successo, per diversi motivi, fu di breve durata: molti alunni cominciarono presto a non frequentare più le lezioni; gli insegnanti, che non erano all’altezza del loro compito, non seppero portare avanti l’iniziativa e, da parte del Comune di Roma, non vi fu ulteriore collaborazione.
Anna si assunse il compito, non facile, di fornire ai contadini i primi rudimenti del sapere: con l’aiuto della Sezione romana dell’Unione Femminile Nazionale, di cui era socia insieme a altre signore. Nel 1904 creò i primi corsi festivi di alfabetizzazione per contadini dell’Agro.
Nel 1907, per dare un assetto più organico al servizio scolastico ed organizzarne la diffusione, si costituì - con stretta collaborazione dei coniugi Celli (Anna Celli ne divenne la presidente) - il Comitato delle Scuole per i Contadini dell’Agro romano, il cui lavoro fu determinante per la salvezza fisica e morale delle popolazioni agricole e per il progresso economico e civile di tutto il territorio.
Anna Celli, oltre all’intenso impegno professionale, portò a termine il riordino e il completamento del vasto materiale che il marito, in tanti anni di studio, aveva raccolto sulla storia della malaria nell’Agro romano, curandone la pubblicazione Inoltre, scrisse saggi e articoli, e tenne conferenze sullo stesso tema: per la sua meritevole attività ricevette riconoscimenti sia in Italia che in Germania.
Morì a Roma il 28 settembre 1958.